Come guarire dalla coxartrosi: la soluzione mini-invasiva
Da Redazione
Novembre 04, 2019
L’artrosi dell’anca interessa 4 milioni di italiani: prima di spiegare come guarire dalla coxartrosi, riportiamo i risultati di uno studio recentissimo.
E’ stato pubblicato sulla rivista Radiology lo studio di alcuni ricercatori dell’Università di Boston (BUSM) i quali hanno scoperto che la distruzione articolare, l’osteonecrosi, la frattura da insufficienza sotto-cartilaginea e l’artrite accelerata possono essere la conseguenza delle iniezioni di corticosteroidi intra-articolari per pazienti a rischio.
Più che una scoperta, è una conferma: da tempo, si sospettano conseguenze dannose associate al ricorso di infiltrazioni di cortisone all’anca e al ginocchio per ridurre dolore e infiammazione da artrosi.
La coxartrosi è molto diffusa: nel nostro Paese, insieme alla gonartrosi, colpisce il 15% degli adulti, il 30% degli anziani (over 75 nell’80% dei casi) ma anche adulti di 40-50 anni.
L’artrosi dell’anca è una patologia degenerativa dell’articolazione coxo-femorale (tra bacino e femore) responsabile dell’infiammazione cartilaginea che riveste l’articolazione stessa. Questa infiammazione porta, nel corso del tempo, a deteriorare la cartilagine.
Trascurare o curare non adeguatamente la coxartrosi può portare conseguenze che vanno ben oltre il dolore articolare o la rigidità: si rischia l’invalidità, la completa incapacità di deambulare. Per scongiurare questo rischio, interviene la chirurgia protesica mini-invasiva. Ad oggi, la protesi anca mini-invasiva è l’unico intervento risolutivo per la coxartrosi avanzata e invalidante.
Come guarire dalla coxartrosi: risponde la chirurgia mini-invasiva
Con la tecnica mini-invasiva la chirurgia ortopedica ha fatto passi da gigante offrendo una terapia risolutiva al problema dell’artrosi dell’anca invalidante.
Le prime rudimentali protesi anca furono impiantate negli anni Sessanta e, nel corso degli anni, si è assistito ad un’evoluzione incredibile in termini di tecnologia, materiali utilizzati (biocompatibili come titanio, ceramica, polietilene), design sviluppati, abilità dei chirurghi specializzati in questo ambito.
Con la protesi anca mini invasiva non si corre il rischio di rigetto in quanto i materiali usati sono inerti e si riduce notevolmente il rischio di complicanze post-operatorie (infezioni, lussazioni).
La protesi anca mini invasiva risolve la coxartrosi con successo e a lungo termine nel 90-95% dei casi: dura, mediamente, 20-25 anni.
L’intervento viene eseguito in anestesia spinale, dura tra i 40 ed i 60 minuti. I tempi di recupero si riducono notevolmente: il paziente è in grado di camminare a distanza di poche ore dall’operazione.
La ripresa della deambulazione autonoma assistita avviene il giorno stesso, i tempi di ospedalizzazione si dimezzano (dai classici 7-8 giorni ad una degenza di 3-4 giorni); altri 7-10 giorni serviranno per il percorso di riabilitazione fisioterapica. Il paziente riprende le normali attività dopo 2-4 settimane dall’intervento.
Protesi anca mini invasiva ad ancoraggio biologico
La protesi anca è progettata per sostituire a livello funzionale l’articolazione coxo-femorale attraverso un delicato intervento chirurgico. Cartilagine e osso compromessi vengono rimossi con cura e sostituiti dalla protesi ad ancoraggio biologico, più piccola e resistente di quelle usate dalla chirurgia tradizionale.
La chirurgia mini invasiva dimostra ogni giorno un grande rispetto del corpo umano. Risparmia il più possibile la parte o le parti sane (muscoli, massa ossea, tessuti molli), non danneggiate dall’artrosi, gran parte del collo femorale, nervi, vari, strutture periarticolari. Muscoli, cartilagine e massa ossea vengono divaricati, non sezionati: il margine d’incisione è di 8 cm.
Questa tecnica minuziosa e precisa garantisce una guarigione più rapida scongiurando i rischi di lussazione.
Protocollo Fast Track
Lo sviluppo di protesi anca sempre più evolute, piccole e resistenti (molto diverse da quelle utilizzate negli interventi di chirurgia tradizionale) ha reso possibile la tecnica mini invasiva e il cosiddetto protocollo Fast Track che velocizza i tempi di recupero, degenza, riabilitazione.
Infatti la stessa chirurgia mini invasiva riduce tutto: tempi di intervento, recupero, incisione, trauma, perdite ematiche durante e dopo l’operazione, dolore, gonfiore, riduzione nella somministrazione di antidolorifici e degli attriti fra gli elementi protesici.
Tecnica Femur First di precisione
Se vogliamo chiederci come guarire dalla coxartrosi ottenendo risultati ancora più precisi dobbiamo inevitabilmente introdurre il metodo Femur First adottato dai chirurghi ortopedici più esperti.
In inglese, ‘femur first’ significa ‘il femore, innanzitutto’.
Lo specialista lavora prima sul femore, poi sull’acetabolo al fine di preparare un intervento mirato che riduce al minimo il rischio di usura e lussazione della protesi anca.
Questa tecnica di navigazione consente al chirurgo di lavorare con la massima accuratezza orientando con estrema precisione le componenti protesiche in termini di angolo di lavoro (localizzato tra la porzione femorale e acetabolare). In questo modo, si otterrà una protesi ancora più anatomica.
Tale metodo consente di calcolare al millimetro la lunghezza finale dell’arto.
In sintesi, i vantaggi della tecnica Femur First sono due: l’ulteriore riduzione della dimensione della protesi e l’identica lunghezza delle due gambe a lavoro concluso.
Come guarire dalla coxartrosi bilaterale
Si valuta l’intervento di chirurgia mini-invasiva quando il paziente non risponde più alla terapia conservativa (farmaci antinfiammatori, antidolorifici, infiltrazioni con acido ialuronico) e l’artrosi è talmente degenerata da richiedere la sostituzione dell’articolazione con una protesi anca in grado di ripristinare la funzionalità articolare.
Ecco perché l’impianto di una protesi all’anca mini-invasiva è necessario non solo in caso di coxartrosi ma anche di artrite reumatoide, necrosi avascolare, conflitto femoro-acetabolare.
La coxartrosi bilaterale è la condizione peggiore perché coinvolge entrambe le anche.
Conclusioni
Da alcuni anni, grazie alla tecnica chirurgica mini invasiva, è possibile impiantare con un solo intervento la protesi anca bilaterale simultanea.
Si innestano contemporaneamente le due protesi anca iniziando dall’articolazione più compromessa dalla coxartrosi. Intervenendo su entrambi i lati in simultanea si riducono ulteriormente i tempi di intervento, degenza, riabilitazione e recupero, complicanze.
Il paziente potrà affrontare una sola operazione, anestesia e percorso riabilitativo riducendo tempo e stress.
Per eseguire la protesi anca bilaterale simultanea, il chirurgo dovrà avere al suo attivo almeno 300 interventi in monolaterale.
Non tutti i pazienti possono essere sottoposti a questo intervento ma solo alcuni soggetti selezionati e motivati. Sono candidati all’intervento pazienti di massimo 50-55 anni di età, in buone condizioni cliniche e di salute (soprattutto cardiologiche), con alti livelli di emoglobina ed ematocrito.
Grazie a questo tipo di intervento mini invasivo è possibile pianificare in modo ancora più preciso la lunghezza dei due arti.
In più, si eviteranno al paziente gli scompensi posturali tipici di chi viene operato ad un solo lato ritrovandosi con l’altro bloccato e dolente.
foto by pexels.com
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