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Editori italiani contro AI Overviews. Come impostare PR e link earning quando le sintesi ti tolgono visibilità

Da Redazione

Ottobre 30, 2025

Editori italiani contro AI Overviews. Come impostare PR e link earning quando le sintesi ti tolgono visibilità

La tensione tra piattaforme e editori italiani si è riaccesa con l’arrivo di AI Overviews, la funzione di Google che genera risposte automatiche direttamente nei risultati di ricerca, l’industria dell’informazione digitale si ritrova nuovamente a fare i conti con un modello che riduce il ruolo delle fonti e ne svuota il ritorno economico.

Si tratta di una questione strutturale: se il motore di ricerca risponde al posto delle testate, il lettore non visita più i siti originali.

Il reclamo degli editori italiani

Nelle ultime settimane la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) ha segnalato il problema all’Agcom, chiedendo un intervento formale.

L’azione si inserisce in una più ampia iniziativa europea coordinata da ENPA, che punta a verificare se le nuove funzioni basate sull’intelligenza artificiale rispettino le regole del Digital Services Act (DSA), la normativa che impone trasparenza e correttezza alle grandi piattaforme digitali.

Secondo la FIEG, le funzionalità introdotte da Google e in particolare la nuova modalità AI Mode, non sarebbero in linea con i principi di equità e concorrenza previsti dal DSA.

Il problema è economico: in quanto le risposte generate automaticamente sottraggono traffico ai siti di notizie, riducendo la visibilità dei contenuti originali e incidendo sugli introiti pubblicitari che permettono la sopravvivenza delle redazioni online.

In altre parole, Google non si limita più a indicizzare le pagine: ricostruisce le informazioni e le mostra direttamente agli utenti.

L’effetto pratico è che la ricerca tradizionale fatta di risultati, clic e letture viene sostituita da un flusso di consultazione chiuso dentro l’ecosistema del motore stesso.

AI Overview e AI Mode: due facce della stessa logica

AI Overviews, introdotto in Italia a marzo 2025, è ormai un elemento familiare delle ricerche. Appare come un box in cima alla pagina e fornisce una risposta immediata alla domanda dell’utente, spesso riassumendo contenuti di più fonti.

AI Mode, arrivato pochi mesi dopo, rappresenta un’evoluzione ancora più radicale: non si limita a rispondere, ma interpreta e organizza i dati, fino a generare tabelle, comparazioni o testi di sintesi elaborati.

Per esempio, chi cerca un confronto tra metodi di preparazione del caffè riceve un elenco completo di differenze e valutazioni, prodotto direttamente da Google. Nessun passaggio intermedio, nessun bisogno di visitare le pagine da cui le informazioni sono state tratte.

In questo scenario, il clic: l’unità di misura che per anni ha sostenuto l’economia dell’editoria online diventa un gesto sempre più raro.

Quando l’IA si sostituisce alle fonti

L’introduzione delle risposte generative segna un punto di svolta nella storia del web. Per la prima volta, l’intermediazione tecnologica non si limita a suggerire contenuti, ma li rielabora e li ricontestualizza, riducendo il valore delle fonti originarie.

Il problema, sottolineano gli esperti del settore, non riguarda la qualità dell’intelligenza artificiale, ma la redistribuzione del valore.

Chi produce informazione investe risorse, tempo, redazioni e competenze per verificare e pubblicare.

Quando il motore di ricerca utilizza quei contenuti per costruire un riassunto autonomo, l’autore perde il contatto diretto con il lettore e con il mercato pubblicitario.

Il rischio è duplice: da una parte, la sostenibilità economica delle imprese editoriali; dall’altra, la diversità delle fonti, che è alla base della democrazia informativa.

In assenza di meccanismi di riconoscimento e compensazione, l’algoritmo finisce per creare un ecosistema dove l’informazione originale diventa materia prima gratuita per la sintesi automatizzata.

Come reagire: il ruolo delle strategie SEO e PR

Il nuovo contesto impone una revisione profonda delle strategie digitali, non bisogna pensare alle SERP in modo tradizionale, ma di costruire un’identità riconoscibile e citabile, capace di mantenere visibilità anche quando il traffico diretto cala.

Le redazioni, così come le aziende che vivono di contenuti, dovranno concentrare gli sforzi su quattro fronti:

  1. Consolidare la Brand SERP: le query legate al nome dell’editore o del giornalista diventano un presidio fondamentale. Google non può “riassumere” un’identità se questa è già forte, coerente e verificata.
  2. Costruire reputazione editoriale e link naturali: le campagne di link earning dovranno favorire citazioni organiche da fonti autorevoli, piuttosto che l’acquisto o la distribuzione massiva di backlink. La credibilità diventa un fattore SEO più stabile della visibilità momentanea.
  3. Investire su contenuti verificabili e strutturati: l’uso dei dati strutturati, delle firme giornalistiche e dei meta-tag “about” e “author” aiuta i motori a riconoscere le fonti come affidabili, riducendo il rischio di essere inglobati nelle sintesi senza attribuzione.
  4. Integrare PR digitali e advocacy: la difesa dell’autorialità non passa più solo per la SEO, ma anche per la comunicazione istituzionale. Gli editori devono raccontare il proprio ruolo nel dibattito pubblico, coinvolgendo stakeholder, istituzioni e opinione pubblica.

Come spiega Isan Hydi, CEO di Wolf Agency, “il problema non si risolve inseguendo l’algoritmo, ma ricostruendo la fiducia. Quando un brand o una testata diventano riconoscibili e autorevoli, i motori di ricerca non possono più sostituirli: devono citarli. È lì che si sposta il valore della SEO per le aziende e gli editori che hanno bisogno della giusta visibilità online.”

Dalla visibilità alla credibilità: il nuovo asse della comunicazione

Il crollo del traffico organico non è la fine dell’editoria digitale, ma un punto di trasformazione. La priorità non è più apparire, ma essere considerati affidabili. In un contesto in cui l’intelligenza artificiale filtra e rielabora i contenuti, la reputazione diventa la vera infrastruttura della visibilità.

Su questo punto interviene anche Alfonso Alfano, Digital PR Specialist di Wolf Agency:

Le relazioni pubbliche devono evolversi. Oggi servono per difendere l’identità editoriale e per far capire a media e utenti che dietro una notizia c’è un lavoro umano, verificabile e responsabile. Le citazioni non si ottengono più con comunicati, ma con autorevolezza riconosciuta. E questa autorevolezza si costruisce giorno dopo giorno, attraverso trasparenza e coerenza comunicativa.”

Dunque, la reputazione rimane la forma più alta di visibilità per un brand o una testata che ispirando fiducia èuò essere citato spontaneamente, diventando un riferimento e resistendo all’automazione della ricerca.

Un nuovo equilibrio tra AI e informazione

Il reclamo presentato dagli editori italiani apre una discussione che andrà ben oltre il caso nazionale.
Il Digital Services Act, infatti, è il primo strumento europeo che consente di valutare le piattaforme non solo per ciò che ospitano, ma per come condizionano il mercato e la qualità dell’informazione.

Se le autorità riconosceranno che l’uso dell’intelligenza artificiale nei motori di ricerca altera la concorrenza, si aprirà un precedente destinato a incidere su tutto l’ecosistema digitale europeo.

Ma, al di là delle decisioni politiche e regolamentari, la risposta dell’editoria dovrà essere culturale: difendere la centralità della fonte come elemento di qualità e di fiducia pubblica.

Nel frattempo, il lavoro dei professionisti della comunicazione, del marketing e del SEO si sposta su un terreno nuovo: unire performance e trasparenza, visibilità e responsabilità, tecnologia ed etica editoriale.

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